Copertina del mese

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COPERTINA DI FEBBRAIO: dal Festival di Sanremo 2017, ho scelto la copertina di Vietato Morire del bravo e raffinato Ermal Meta, che contiene l'omonima canzone sanremese e Piccola Anima, delicato duetto con Elisa.

mercoledì 22 ottobre 2014

Kristen Stewart: "La mia vita è come una soap opera"

Quanti possono raccontare di avere avuto, da bambini, dei lupi come animali da compagnia? A casa di Kristen Stewart è andata così, e fa impressione la coincidenza, per una che nelle cinque puntate della saga diTwilight è stata scelta per interpretare Bella, la goffa-e-romantica-emarginata-del-liceofidanzata- del-vampiro-e-amica-del-palestrato-che-si-trasforma- in-lupo.In America, le attrici con una visione delle cose rinfrescante – nonché il coraggio di infrangere le solite formule hollywoodiane – non crescono sugli alberi. E così, quando ne spunta una che davvero rompe gli schemi e si rifiuta di prendere parte al grande gioco di Hollywood, vale la pena drizzare le orecchie e tenerne conto.Specie quando l’attrice in questione è cresciuta a Los Angeles, figlia di due genitori che si fanno il mazzo nel mondo del cinema e della televisione.
 È così che Kristen Stewart è finita proiettata sul grande schermo. Non stiamo parlando di una ragazzina benestante, protetta dal bozzolo della fama e della ricchezza, rinchiusa in un villone di Beverly Hills circondato da siepi di ossessiva perfezione potate con il bisturi. L’infanzia di Stewart, nella ben più ruvida San Fernando Valley, è stata l’esatto contrario. I suoi, Jules Mann-Stewart e John Stewart, erano due lavoratori, non due star. E sapevano per esperienza quanto le star possano essere una rottura di palle

Quando la figlia Kristen, che si vestiva da maschio esattamente come il fratello Cameron, privilegiando in particolare gli indumenti da palestra che indossava anche a scuola, ha espresso il desiderio di cominciare a fare provini, la madre l’ha avvertita: «Io con questi bambini ci lavoro. Sono fuori di testa. Tu non sei come loro». Ma Kristen, come sempre, ha perseguito il suo sogno con tenacia, e all’età di 11 anni era la figlia di Jodie Foster nell’angosciantissimo Panic Room di David Fincher, che parla di una madre e di una figlia vittime di una terrificante rapina. Un film dal casting particolarmente ispirato.Stewart non si sforzava di essere caruccia: sembrava una di quelle bambine che vorresti accanto per affrontare una missione pericolosa. Con Foster, lei stessa sopravvissuta ai rischi di un esordio da enfant prodige, ho parlato di Stewart qualche anno fa, e lei ha usato poche parole: «Kristen non ha la personalità tipica dell’attrice», mi ha detto. «Non è quella che si metteva a ballare sul tavolo con un paralume in testa per intrattenere la nonna». Dire che i film della serie Twilight si siano rivelati macchine da soldi è un eufemismo (una definizione più precisa è: «400 milioni di incassi mondiali solo per il primo di questi blockbuster »). 
 
Eppure erano film dozzinali. Stewart però non ha mai arricciato il naso, né espresso disprezzo per i milioni di lettori dei libri. Per una hipster navigata sarebbe stato facile. Ma sia lei che Robert Pattinson – suo fidanzato nella vita come nella serie – hanno sempre dato l’impressione di nutrire un rispetto autentico per i fan di Twilight. Oltre che l’una per l’altro. Così, quando sono apparsi gli scatti in cui si vedeva Stewart baciarsi di nascosto con Rupert Sanders, l’allora sposato regista che l’ha diretta in Biancaneve e il cacciatore, è successo il finimondo. L’America ha un modo di ergersi a giudice dei costumi che agli europei può sembrare un po’ ridicolo, ma in quel caso la faccenda è andata oltre. La gente è rimasta delusa. La cosa interessante, trovo, è che la più delusa di tutti, delusa da se stessa, sia stata proprio Stewart. Da una come lei non ci si sarebbe mai aspettato che finisse in una situazione così stereotipata. Ma la verità è che a differenziare Kristen Stewart dalle attrici sempre scoppiettantissime e vestite benissimo di cui leggiamo sui giornali sia sempre stata proprio la sua umanità da persona in carne e ossa. Anche se più o meno in quel periodo aveva in uscita negli Stati Uniti On the Road, l’adattamento cinematografico del romanzo di Jack Kerouac sulla Beat Generation, un film che le sta particolarmente a cuore, è praticamente scomparsa dal radar, fino a poco tempo fa. E oggi ricorda: «Sono scesa da quell’onda gigantesca e ho detto: “Io sparisco per un po’. Poi più avanti ritorno”». Quel momento è arrivato.

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